Open Coesione: la scommessa


Qualche riflessione poco tecnica su Open Coesione, il portale del governo dedicato ai dati sui finanziamenti europei per lo sviluppo 2007-2013

Qualcosa sta cambiando? Il punto interrogativo è d’obbligo, essendo l’Italia il paese pervicacemente ostile al cambiamento (reale) che tutti conosciamo. D’altra parte, le sensazioni positive suscitate dal nuovo sito governativo Open Coesione sono tante e inducono all’ottimismo. Cerco di spiegare perché.


Un appello all’intelligenza collettiva

Come dichiarato dallo stesso ministro Barca durante la presentazione del sito lo scorso 17 luglio, il progetto  nasce dal desiderio di incoraggiare un dibattito informato e partecipato sul perché, nonostante un’esistenza ormai ventennale, i finanziamenti europei e nazionali per lo sviluppo non abbiano prodotto in Italia risultati apprezzabili (il ministro ha parlato in realtà di una regressione).

La filosofia — abbastanza inedita per la pubblica amministrazione italiana — è la seguente: “questi sono i dati, analizzateli dal vostro punto di vista — di enti locali, associazioni, partiti, cittadini –, e aiutateci a capire cosa ha funzionato e cosa no”.

Il portale non è quindi una raccolta di informazioni statiche e preconfezionate, di cui usufruire passivamente, ma un vero e proprio database relazionale, interrogabile e commentabile. Chiunque può accedere al sito, selezionare un territorio (per esempio, il proprio comune o regione) e andare a verificare quali finanziamenti sono in essere, chi sono gli esecutori, quanti soldi sono stati erogati e se il progetto si è concluso nei tempi stabiliti oppure no (io l’ho fatto, e qui e qui ci sono i risultati).

L’argomento “finanziamenti europei” non è ovviamente semplicissimo, e anche se il sito ha un approccio molto esplicativo, molto si potrebbe ancora fare per aiutare tutti i visitatori a orientarsi nel complesso mondo degli acronimi comunitari e ridurre ulteriormente le “barriere all’ingresso” della partecipazione.

Tuttavia, è indiscutibile che i dati si offrano all’analisi aperta e pubblica di tutte le parti interessate. La società italiana saprà rispondere in modo adeguato? Questa è la prima scommessa, il cui esito dipende anche da noi.

Radicalmente Open data

Gli Open data sono l’argomento del momento e, gradualmente, diverse amministrazioni centrali e locali cominciano a liberare i primi dataset.

Il concetto su cui si basa la filosofia dei dati aperti è abbastanza semplice: per espletare le proprie funzioni, la Pubblica amministrazione è depositaria di quantità crescenti di dati, la cui raccolta e gestione sono finanziate dalla società nel suo complesso (“noi”) con tasse e imposte; è quindi giusto che i dati vengano restituiti a cittadini e imprese perché questi possano utilizzarli al fine di assumere decisioni, politiche ed economiche, o sviluppare servizi.

Perché ciò accada, tuttavia, è necessario abbandonare la logica dei pdf (“il luogo dove i dati vanno a morire”) e fornire i dati in un formato grezzo (tipo il csv) facilmente rielaborabile, e con una licenza (tipo Creative commons)  che ne consente il riutilizzo, possibilmente anche a fini commerciali.

Entrambe queste condizioni sono soddisfatte dal portale, in modo abbastanza radicale visto che interessano la totalità dei dati presentati.  Speriamo che questo approccio continui a fare scuola e che, come notato da alcuni autorevoli osservatori, altri dati potenzialmente interessanti vengano salvati da morte prematura. Seconda scommessa.

Il coraggio dell’imperfezione

Un  ultimo aspetto che personalmente apprezzo molto: il sito è andato on line nonostante non sia perfetto, manchino molti dati e, verosimilmente, date.  La cosa è nota all’amministrazione che peraltro sollecita il contributo dei cittadini per colmare alcune lacune.

Tutto questo mi ha fatto ripensare a quanto ho sentito dire a Roberto Moriondo, un civil  servant  “orgoglioso di esserlo”, durante lo scorso IGF a Trento, sulla Pubblica amministrazione:

“dobbiamo smetterla di agire solo dopo essere sicuri di aver previsto tutte le conseguenze possibili e immaginabili delle nostre azioni”.

Ed è vero. Per innovare, incidere sulla realtà, restare al passo con l’evoluzione della società bisogna avere il coraggio di agire in fretta, esporsi all’interazione coi cittadini e con la società durante le fasi intermedie dell’azione politica. Smetterla di pensare in un’ottica di autosalvaguardia (non faccio, quindi non sbaglio), e riconoscere che l’errore è nell’ordine delle cose, avere il coraggio di sbagliare e correggersi.

Si tratta di un cambiamento di mentalità radicale per la Pubblica amministrazione (e non solo), ma i frutti ci sono: collaborare conviene.

Anche perché, se le Pubbliche amministrazioni resistono alla domanda di trasparenza, succede poi che la trasparenza la facciano direttamente i cittadini, con il solo risultato di aver perso un’occasione di dialogo e crescita comune.

PS: Presa dall’entusiasmo, nei giorni successivi alla presentazione del portale, ho scritto all’ufficio di comunicazione segnalando quello che a me sembrava un possibile miglioramento. Mi hanno risposto, con firma del responsabile, nel giro di 24 ore. Qualcosa sta cambiando? Speriamo.