Primarie parlamentari: la politica dei numeri e quella del consenso


Le considerazioni che si possono fare su queste primarie per i parlamentari del PD sono tante e diverse, almeno quanto è diversa l’Italia in cui si sono svolte.

Fra desiderio di partecipazione…

Indubbiamente, in molte città e paesi italiani le primarie sono state un’occasione per mobilitare coscienze, idee, consenso, entusiasmo. Ne è un bellissimo esempio la mobilitazione quasi spontanea che si è mossa a favore di Roberto Giachetti, un parlamentare stimato ma privo di un reale radicamento sul territorio che ha combattuto una battaglia “a mani nude” il cui esito, nel momento in cui scrivo, non mi è ancora noto e che Roberto descrive con parole bellissime qui. Lo è anche, credo, il risultato di Mara Valdinosi a Cesena, ottenuto anche grazie al sostegno generoso di un deputato, Sandro Gozi, che proprio per il suo profilo nazionale ed europeo e i tempi brevissimi lasciati da una tardiva definizione delle regole ha preferito non partecipare e si è messo lealmente al fianco di una forza nuova. Personalmente, poi, sono anche molto contenta del risultato di Paolo Coppola, l’assessore comunale  che è dietro al bellissimo e impegnativo progetto di Open Muncipio di Udine.

Gozi_par

e vecchia politica

Diversa la situazione nel paese in cui vivo, dove invece le primarie sono state una riedizione di scene già viste: scelte di politica nazionale calate dall’alto, sostanzialmente nessun dibattito preelettorale, tradizionale distribuzione di “santini” che molto spesso gli elettori si sono portati fin dentro il seggio (quando non li hanno addirittura ingenuamente presentati al banco di registrazione), iscritti che non erano neanche informati delle elezioni.

L’evento più interessante è stato probabilmente l’accordo, abbastanza inedito, fra alcuni esponenti politici locali (altrimenti stimabili, però amicus Plato sed magis amica veritas)  sui nomi di due candidati, che pur essendo probabilmente privi di grande affinità culturale o programmatica, hanno il pregio (condiviso da molti di noi!) di essere un uomo e una donna. E così, una norma con finalità positive, come quella della doppia prefenza di genere, si è trovata di fatto svuotata di significato e utilizzata per fare cartello, creando “sinergie” e cumulando “consensi” personali, per ottenere dei vantaggi che, nella mia ingenuità, mi sfuggono totalmente, ma che immagino esistano.

risultatiL’operazione ha ottenuto un risultato numerico che immagino soddisfacente. La politica dei numeri, quella che si conta e pesa ad ogni occasione, è soddisfatta. Quella delle idee e del consenso, dei progetti e della scelta consapevole sicuramente molto meno.  Ci resta la consolazione, non da poco, di non aver contribuito a quello che probabilmente sarà un contestatissimo inserimento in lista di ex-consiglieri regionali, sperando che non sia un risultato casuale.

Un processo da migliorare

Si poteva fare meglio o diversamente? Nell’immediato credo onestamente di no. In un paese in cui l’attività politica praticamente non esiste, in cui ci si mobilita (in tutti i partiti, non solo il PD) solo in occasione dei confronti elettorali, in cui prevale tradizionalmente una politica dei numeri e non del consenso informato, le cose non potevano andare diversamente. Non in queste primarie, soprattutto non nei tempi in cui sono state organizzate.

Si potrà fare meglio in futuro? Credo sia auspicabile. Non solo perché il voto senza scelta responsabile e informata non ha alcun senso, ma anche perché solo così potremo sperare di  mobilitare le tante energie della società civile che a questo gioco del “vota come ti dico io e poi lascia fare a me”non sono interessate e non intendono partecipare.

PS: Roberto Giachetti ce l’ha fatta.