Habemus papam: un piano della trasparenza a Rignano Flaminio


habemus papam.2Il Comune di Rignano Flaminio ha finalmente un “Piano triennale per la trasparenza” pubblicato a questo link.

Premetto che il piano triennale è un obbligo previsto dalla normativa. Per motivi diversi (le raccomandazioni al riguardo sono cambiate un paio di volte dall’inizio del mandato nel 2011, e in questi tre anni si sono avvicendati già due segretari comunali) ci arriviamo solo ora, ma credo con un documento fatto bene e utile.

Mi sento di dire che è fatto bene anche perché NON l’ho redatto io, cosa che per me è un ulteriore motivo di soddisfazione. Sono convinta – ma lo dice anche la legge – che la “politica” non deve sostituirsi all’amministrazione, ma debba limitarsi a esercitare un ruolo di impulso.

Nel mio piccolo provo a farlo: infastidisco e sollecito, a volte mi rimbocco anche le maniche e faccio, però come obiettivo vorrei che le cose da fare le facessero materialmente e responsabilmente gli uffici, anche per instillare pratiche e riflessi che auspicabilmente resteranno a prescindere da chi governa, nell’interesse di tutti.

Abbiamo anche la fortuna di relazionarci con un segretario comunale molto serio, che crede in questo aspetto e quindi dà pieno supporto all’amministrazione nella politica sulla trasparenza.

Comunque al di là delle chiacchiere questo documento è interessante perché:

  • ribadisce l’aspetto funzionale della trasparenza: la trasparenza serve perché i cittadini possano esercitare il controllo. Non è quindi un mero adempimento formale (deviazione sempre in agguato nella cultura italiana), né un obiettivo puramente ideologico.
  • prevede con precisione, esplicitandole, le responsabilità dei diversi uffici
  • prevede controlli periodici (che ci saranno)
  • dà ampio risalto all’istituto dell’accesso civico e al coinvolgimento dei cittadini (speriamo di organizzare due giornate sulla trasparenza nel 2015)

E qui siamo coinvolti tutti. L’accesso civico è uno strumento sicuramente  imperfetto, però esiste e va sfruttato. Il controllo dei cittadini è una forma di partecipazione fondamentale e sollecitare la produzione e pubblicazioni di informazioni in settori come l’ambiente, le finanze, l’organizzazione, le spese sociali e altro serve sia ai cittadini, sia  a chi amministra (che è utilmente costretto a vedere quello che fa con occhio esterno e critico).

Quindi seguiamo e sollecitiamo. Intanto, sono a disposizione per ulteriori chiarimenti  su questo strumento e vi auguro buona lettura 🙂

PS E se vi ho minimamente incuriosito e volete approfondire, sull’accesso civico leggete qui cosa è e come usarlo.

Cultura, spesa variabile


spese in cultura_variabili

Da questo mese collaboro con la rivista locale (cartacea!) Il Nuovo magazine. E’ una cosa che mi fa molto piacere, perché condivido il progetto editoriale finalizzato a promuovere un’informazione locale basata sui fatti e pensata per l’intera area Roma nord (Cassia -Tiberina-Flaminia).

Curerò una rubrica sui dati delle politiche comunali, ma scriverò anche di altro a seconda delle necessità.

Nel primo numero, ho analizzato le spese in cultura dei vari Comuni della nostra area, basandomi sui dati di Openbilanci. Il primo dato, che salta agli occhi, riguarda la variabilità di questa voce di spesa.

E la domanda è: perché dieci Comuni di medie dimensioni e con un’evoluzione demografica che tende ad avvicinarli, più che a dividerli, non pianificano le attività culturali assieme? L’articolo in pdf è scaricabile qui: Numeri in Comune

Pendolaria


roma nordAnche quest’anno (era già successo qualche tempo fa), il Comitato Pendolari Roma Nord ha organizzato un incontro pubblico sulla ferrovia Roma-Civita Castellana, a cui ha invitato — oltre a rappresentanti dei gestori Atac, Cotral e della Regione Lazio — anche i sindaci di tutti i Comuni attraversati dalla linea.

Ci sono tornata anche io, perché, pur non essendo pendolare, so per esperienza indiretta (tre figli che vanno a scuola a Roma) che le condizioni del servizio sono inaccettabili. In più, e più in generale, sono convinta che questo treno rappresenti un problema prioritario nella nostra area, a cui si dà troppa poca attenzione.

All’incontro erano presenti una sessantina di persone più una decina di organizzatori, i rappresentanti di Legambiente e diversi sindaci (fra cui Di Lorenzi di Rignano Flaminio, Menichelli di Sant’Oreste e Riccieri di Riano). Assenti Regione Lazio, Atac (che ha mandato una lettera di scuse), Cotral e Comune di Roma.

Per chi vuole i dettagli, rimando al resoconto degli organizzatori, alla ripresa di Radio Rokka e ai video di Gianfranco Lelmi.  Qui invece i fatti come li ho percepiti io e le mie riflessioni.

I fatti

In sintesi, i pendolari hanno ribadito i problemi già evidenziati in altre occasioni: orari incerti e insufficienti, scarsa sicurezza, mancanza di comunicazione e di attenzione ai clienti, disattenzione ai disabili e tolleranza all’evasione. Legambiente ha una volta di più evidenziato le potenzialità della ferrovia anche come veicolo di un turismo sostenibile. I sindaci, presenti in gran numero, hanno sostanzialmente spiegato di essere d’accordo con i cittadini, ma di non riuscire ad ottenere niente.

Come la volta scorsa, ho notato la puntualità delle osservazioni mosse dai pendolari (tutto è calcolato e documentato) e lo spirito costruttivo, ancorché critico, con cui svolgono la loro azione.

Per quanto riguarda gli interventi dei sindaci, questi riflettono tutti una sostanziale assenza di peso contrattuale nei rapporti con le amministrazioni di livello superiore. In particolare, mi ha colpito il resoconto di Commissari, sindaco di Morlupo, che ha raccontato di aver proposto anni fa la costruzione di un parcheggio di scambio (su terreno offerto gratuitamente dal suo Comune) per un importo dell’ordine delle centinaia di migliaia di euro. Espletate le pratiche (delibere consiliari ecc.) per avviare l’opera, Commissari ha ricevuto dal suo interlocutore (provincia o regione, non ricordo) un progetto dell’ordine di milioni di euro, chiaramente più faraonico del necessario e non sostenibile per il suo comune (e quindi abbandonato).

Le riflessioni: e l’Europa?

Io spero che l’azione del Comitato continui, anche focalizzandosi su pochi obiettivi concreti, da ottenere un passo alla volta. Un prossimo incontro è previsto per il 5 giugno, alla Conferenza dei sindaci che si terrà a Fiano Romano.

Mi chiedo inoltre se non sia possibile adire l’Europa (con una qualche procedura di infrazione o petizione), per costringere le autorità italiane a prendere atto delle lamentele dei cittadini.

Un lavoro molto interessante su questo è svolto da tempo dall’associazione Radicali Roma, che a marzo ne ha parlato nel convegno Roma chiama Europa, offrendo spunti molto interessanti. Io un’occhiata ce la darei.

Le riflessioni: e la politica?

Ho grande considerazione per il lavoro di sindaco, ma la descrizione dei rapporti fra sindaci e regione mi induce ad una riflessione un po’ impietosa e più ampia.

Ma le persone (assessori e consiglieri regionali) che ora non rispondono ai sindaci e ai dirigenti politici locali non sono stati eletti proprio con i voti o preferenze che questi stessi politici locali rastrellano sul territorio?

Non è quindi il loro sistema di selezione degli eletti che deve essere rimesso in discussione? Se io raccolgo voti per la persona che spero faccia **favori** al mio territorio (sic), anziché una che so che promuoverà con correttezza gli interessi comuni, posso poi stupirmi se, al momento di fare una scelta, verranno privilegiati “rastrellatori di voti” più pesanti di me? (E le imprese hanno sicuramente pesi maggiori rispetto agli amministratori e dirigenti politici locali, a destra e a sinistra).

Ho ancora in mente le recenti elezioni regionali, e ho appena letto il libro Default Lazio, dove gli incentivi perversi della politica regionale appaiono in tutto il loro splendore, e quindi la domanda è ancora più vivida.

Come sempre, mi chiedo, quanto possiamo andare avanti con questa storia? Perché a me sembra che il tempo per cambiare questo modo di fare politica sia sempre meno.

Il “drammatico precedente”


Credo che pochi a Rignano Flaminio abbiano dimenticato la sofferenza collettiva cominciata il 25 aprile 2007. Una mattina ci svegliamo per  andare in ufficio e accompagnare i bambini a scuola, e la radio, i giornali, la televisione ci urlano con sicurezza e crescente livello di dettaglio che il nostro paese è teatro di crimini gravissimi, e che tre maestre stimate e conosciute da tutti sono in verità dei mostri che, d’accordo fra loro e senza che nessuno di noi se ne accorgesse, hanno seviziato e violentato i nostri bambini.

Le accuse sono certe, i magistrati sicuri, l’impianto accusatorio solido e inequivocabile. A mano a mano che passano le ore e i giorni ci sentiamo dire con crescente sicurezza che ci sono le intercettazioni, ci sono i filmati, e i bambini parlano e dicono la verità (anche perché i bambini dicono sempre la verità, e guai a dubitarne).

Passano i mesi, le maestre escono dal carcere (dove erano state gettate nell’ignominia generale) e l’impianto accusatorio comincia a dare qualche segnale di debolezza. Le intercettazioni non contengono niente di utile (anzi), i filmati erano stati girati dai genitori (e si rivelano invece un boomerang dato che evidenziano inconsapevoli pressioni sui bambini ad accusare più che accuse spontanee), i medici non confermano, ma al contrario negano sintomi e segni di abusi.

E poi le analisi scientifiche dei RIS rivelano il nulla, negli incidenti probatori qualche bambina si fa scappare un “me l’ha detto la mamma” e i più, anche nella stampa, cominciano a capire che forse l’accusa non ha tutte queste certezze, forse i colpevoli per forza – che dovevamo gettare in carcere buttando via la chiave ‑tanto colpevoli non sono.

Però pazienza, il processo si fa lo stesso e dura altri anni. Vengono ascoltati testimoni, pediatri, altri genitori, altre maestre, si fanno perizie e, soprattutto, si ascoltano i bambini. E nel 2012 il tribunale di Tivoli, dopo aver pazientemente ascoltato ed esaminato, emette la tanto attesa sentenza: gli imputati sono assolti perché il fatto non sussiste. A Rignano non è successo niente (per fortuna).

Gli anni continuano a passare, e (con calma, per carità) la procura decide comunque di impugnare l’assoluzione, sia pure manifestando un chiaro arretramento. Dalla sicurezza con cui si era concluso il primo grado (con la richiesta di 12 anni di reclusione per tutti) ora si abbassa il prezzo, forse sperando di concludere l’affare: tutti assolti tranne due. Si ammette l’errore, insomma, ma solo in parte.

E vabbé, che ci vogliamo fare. Anche così funziona la giustizia, abbiamo cominciato a capirlo. Ci vuole tempo, ma  i fatti oramai sono sostanzialmente chiari e si tratta di far passare l’appello e forse la cassazione. Ma ormai possiamo stare tranquilli, giusto?

E invece no, tranquilli mai. L’Italia è un paese senza memoria, e scarsissima professionalità: una mattina ci alziamo per andare in ufficio (i ragazzi sono cresciuti e a scuola ci vanno da soli) e rileggiamo su un giornale (e non un giornale qualsiasi, ma il Corriere della sera) che Rignano è ancora ferma a quel 25 aprile del 2007.

drammatico precedenteA Monterosi una maestra è accusata di maltrattamenti, e il giornalista disattento non si lascia suggire l’occasione di citare il “drammatico precedente” di Rignano, e le accuse di sevizie “a danno di una ventina di bambini fra i tre e cinque anni”. Così senza il benché minimo contesto, senza alcuna menzione delle faticosissime vicende che hanno seguito le accuse.

E noi che sappiamo come sono andate le cose, e non abbiamo dimenticato, ci ritroviamo a chiederci: che si fa? Scriviamo al giornale, all’ordine dei giornalisti, protestiamo nei commenti, ci arrendiamo? Un po’ di tutto. Non so se qualcuno ha scritto all’ordine, al giornale scrivo anche  io (tramite twitter che nel 2007 non c’era), mentre sull’articolo on line appaiono dei commenti che evidenziano l’errore.

corriere

E così, d’incanto, l’articolo cambia (anche se non posso provarlo  – non ho avuto l’accortezza di fotografare l’articolo come pubblicato il 7 marzo). Al paragrafo sul drammatico precedente viene aggiunta una frasetta e, improvvisamente fra le righe, si ricorda per inciso che in verità il caso di Rignano si è concluso e che le maestre sono state assolte con formula piena. Ma guarda un po’.

Vittoria? Io dico di no,  perché non ci sono vittorie in questa storia. Questo ormai lo abbiamo capito.

Piccoli progetti per la trasparenza e partecipazione


Premessa: da due anni mi interesso di trasparenza nel mio Comune. Con l’inizio dell’anno mi ritrovo a fare un po’ di riflessioni, bilanci e progetti. E dato che sono convinta che fare trasparenza non significhi solo dire quello che si fa, ma anche spiegare i ragionamenti e le aspettative che ci inducono a farlo, ecco qua i miei pensieri.

Cominciamo dalle riflessioni

La trasparenza nella PA: cos’è e a cosa serve? La domanda sembra banale, ma non lo è. Tutti capiamo a livello intuitivo che la trasparenza è il “fare le cose in modo pubblico” e che questo serve a favorire la partecipazione dei cittadini (tramite il controllo passivo o l’intervento attivo) alla vita pubblica. Capiamo anche che la partecipazione dovrebbe servire a farci vivere meglio, perché animati da più fiducia e consapevolezza.

Nell’applicazione pratica, le cose sono meno lineari. Da un lato, infatti, la mentalità italiana tende a trasformare qualsiasi obiettivo generale in una serie di adempimenti puntuali e potenzialmente molto formali. La PA obbliga sé stessa ad essere trasparente (con una profusione di leggi, circolari e raccomandazioni) per rispondere alle pressioni della società, ma lo fa vedendo le cose da un punto di vista “interno”, usando cioè la logica di chi già conosce se stesso, e quindi in modo insoddisfacente[1].

Dall’altro lato, le attività amministrative seguono per loro stessa natura meccanismi e procedure altamente formalizzati e complessi, spesso poco conosciuti al cittadino comune. L’iter che precede un’attività o decisione, o le caratteristiche e prerogative che distinguono gli attori che compiono tali attività o decisioni non sono sempre chiari ai profani[2].

Come può il cittadino capire ciò che succede e partecipare, se non conosce le regole del gioco?

Dalla teoria alla pratica

Ciò detto, da qualche parte bisogna pur cominciare. In questi due anni abbiamo lavorato, di concerto con il sindaco e gli uffici, da un lato a rispondere agli adempimenti normativi, cercando di pubblicare sul sito quanto previsto dalla normativa[3], applicando direi quasi pedissequamente le modalità prescritte (con la leggera frustrazione, da parte mia, di sapere che non sempre questo soddisferà le esigenze dei cittadini che, appunto, vedono le cose dall’esterno e seguono logiche che la PA non conosce).

Dall’altra ho personalmente cercato di “volgarizzare” l’attività comunale, passandola al vaglio della mia comprensione e ritraducendola per chi mi circonda e desidera capire.

In questa ottica, ho provato a scrivere i testi del sito comunale in un linguaggio più vicino a quello comune, e ho insistito a dare pubblicità ad alcuni momenti topici della vita amministrativa (essenzialmente le riunioni di consiglio) anche con mezzi poco istituzionali.

Focus: il Consiglio comunale

Un impegno banale, ma che ho cercato di seguire con costanza, è stato di usare facebook per creare un evento pubblico (quindi visibile a tutti) in occasione di ogni consiglio comunale a cui invitare, direttamente o tramite altri, tutti i cittadini che conosco. Lo stesso evento mi è servito poi per pubblicizzare gli atti che venivano discussi e dare notizia della pubblicazione della videoregistrazione del consiglio (che di solito va on line qualche giorno dopo il consiglio, anche se per il futuro spero riusciremo a restare entro le 24 ore).

La presenza di quest’amministrazione sui social network è stata fin dall’inizio oggetto di incertezze, se non riluttanza. Tale incertezza (che condivido solo in parte) è comunque comprensibile, dato che ogni atto dell’amministrazione implica delle responsabilità e deve essere ben ponderato. I social network commerciali, come facebook, sono un ambiente relativamente nuovo, non neutrale (sostanzialmente i cittadini pagano il servizio con i propri dati – in modo non sempre consapevole) e che richiede cautela[4].

Agendo a titolo personale, comunque, ho inteso evitare questo problema. E ho insistito ‑pur sapendo che si tratta di un lavoro secondario e marginale ‑ perché sono convinta che se vogliamo parlare con le persone, guadagnare la loro fiducia e ottenerne la partecipazione, dobbiamo andare lì dove sono (e facebook è certamente un luogo in cui sono) e fare lo sforzo di coinvolgerli e “interpellarli” quasi individualmente.

Sono anche convinta che la partecipazione e l’inclusione siano il risultato di politiche di “engagement” attive (non basta “pubblicare e aspettare” che la gente reagisca), che funzionano solo se preseguite nel lungo periodo e con costanza.

Questa iniziativa, che vorrei proseguisse, ha chiaramente dei limiti. Il primo è che mi consente di arrivare a una parte della popolazione che è un “sottoinsieme di un sottoinsieme” (le persone fra i miei contatti rispetto al totale di chi è su facebook rispetto al totale dei cittadini). Si tratta poi di un gruppo di persone selezionato da me, e non per iniziativa dei destinatari stessi e quindi a crescita limitata.

Per ovviare a questo problema, credo sia possibile migliorare il metodo usato finora, e creare due piattaforme, una sempre su facebook (come gruppo) e l’altra sul web “aperto” da dedicare in modo ancora più approfondito alle attività consiliari e delle commissioni. Anche questa piattaforma sarà “pubblica” e consentirà a chi lo desidera di “iscriversi” o “cancellarsi” come meglio preferisce. Consentirà inoltre di pubblicare più agevolmente documenti e spiegazioni.

Non mi aspetto necessariamente che altre persone (amministratori o no) ci lavorino insieme a me, però l’iniziativa sarà aperta al contributo volontario di consiglieri e delegati che desiderino promuovere una migliore comprensione delle decisioni di cui sono competenti.

Partecipazione attiva e passiva: due schede sintetiche

Come già detto, per poter contribuire all’attività amministrativa, il cittadino deve in primo luogo conoscere il funzionamento della macchina comunale, sia nei processi (le procedure), sia nelle azioni (gli atti). Deve quindi sapere non solo ciò che accade, ma anche come accade e cosa fare per far arrivare il proprio contributo.

Senza con questo voler interferire con gli adempimenti di legge che obbligano gli uffici a pubblicare determinate informazioni e atti, credo sarebbe utile preparare e pubblicare sul web (e eventualmente su altri media) due “guide sintetiche” per i cittadini, la prima relativa a come accedere alle informazioni (quindi, partecipare in modo passivo), la seconda a come intervenire con idee e proposte (quindi partecipare in modo attivo).

Me lo pongo come obiettivo di medio termine, vediamo come e con l’aiuto di chi (suggerimenti?)


[1] Un esempio tipico, mi sembra, è rappresentato dalla disposizione sull’accesso civico del decreto 33/2013, in cui si garantisce al cittadino il diritto di conoscere tutti gli atti oggetto di “obbligo di pubblicazione” (presumendo che il cittadino sappia quali sono, verifichi volta per volta se ciò che desidera conoscere rientra in questo elenco e sappia in che punto specifico del sito andarlo a cercare!).

[2] Penso alle distinzioni fra delibere, determine, mozioni, decreti ecc. nonché alle diverse prerogative e ruoli di uffici, consiglieri, assessori, consiglio e commissioni ecc.

[3] In ultimo il decreto sul riordino della trasparenza, dlgs 33/2013, ma non solo.

[4] Facebook è anche una piattaforma in continua evoluzione, secondo logiche che rispondono unicamente agli interessi commerciali della società, e quindi nessuno ci assicura che ciò che si può fare oggi sarà possibile anche domani. Per questo va seguita  con attenzione l’evoluzione dei cd. “media civici” come Airesis

Riflessioni a margine dell’incontro pubblico sulla ferrovia Roma Nord dell’8 luglio 2013


Pianeta Terra chiama, la politica non risponde

Lunedì ho assistito all’incontro organizzato dall’associazione Città in movimento sulla ferrovia  Roma-Viterbo, il “trenino”  con cui  molti abitanti e studenti del nostro territorio accedono a Roma  ogni mattina, fra disservizi, ritardi e arrabbiature.

L’incontro è cominciato con un’ora di ritardo, credo a causa dell’assessore Civita o comunque di qualche altro invitato importante.

Non escludo che il ritardo fosse giustificato. Tuttavia, è anche innegabile che “arrivare in ritardo” è un’abitudine di molti politici e dirigenti, sempre meno comprensibile e tollerata. Peraltro, il caso vuole che stessimo partecipando a un incontro incentrato su un servizio pubblico (il treno e i trasporti) in cui la puntualità è un elemento sostanziale. E allora, provocatoriamente, mi chiedo: se uno non riesce a programmare i propri spostamenti può poi pensare di dare il corretto impulso alla gestione dei trasporti pubblici? In fondo se si hanno troppi impegni, si può anche partecipare via Skype, per dire.

Altro elemento leggermente deludente, l’intervento di Eugenio Patanè che si è dilungato a dire cose che tutti i presenti sapevano già o avevano già detto, snocciolando una serie di idee e proposte bellissime ma tutto sommato già note ai partecipanti, che il servizio lo usano tutti i giorni. Un po’ fuori luogo, poi, l’immancabile riferimento alle potenzialità degli smartphone. Anche perché fra i promotori dell’evento figura proprio un gruppo di cittadini che con twitter monitora costantemente il servizio, anche dialogando con gli operatori, e che quindi queste potenzialità le conosce bene.

C’è spazio per una politica delle idee e dei problemi concreti

La sala era piena (credo una cinquantina di persone, escluso il tavolo degli oratori), e il paese di Rignano era ampiamente rappresentato (ho contato una decina persone, di cui sei del circolo PD). Personalmente interpreto questo fatto come un’indicazione dell’importanza di questo argomento, che spero venga affrontato in modo più esplicito e pubblico a livello comunale.

Dagli interventi è emersa una forte necessità di concretezza. Non si tratta più di ascoltare promesse su fantomatici finanziamenti che andranno a migliorare la ferrovia, chissà quando e chissà come, ma di ottenere subito dei miglioramenti del servizio mediante piccoli interventi (Carlo Scoppola dell’ass. Città in movimento, ne ha elencati diversi).

E i miglioramenti sembrano a portata di mano se ci si abitua all’idea di collaborare con gli utenti, ascoltare le segnalazioni e le richieste, lavorare insieme e in modo coordinato con tutti gli stakeholder: enti locali e regionali, operatori dei diversi servizi (ATAC e COTRAL, ma anche i diversi servizi di trasporto locali), cittadini e utenti.

Al riguardo va detto che l’ass. Civita si è impegnato a organizzare un tavolo interistituzionale fra gli stakeholder elencati. Personalmente mi auguro non si tratti del solito carrozzone, ma di un tavolo fortemente operativo, che lavori in modo aperto e asincrono (cioè sfruttando al massimo le potenzialità della rete). Vedremo.

La risorsa più grande: le persone

Infine, il vero elemento nuovo e interessante di tutta la serata è stata la testimonianza del Comitato dei Pendolari Roma Nord, un gruppo organizzato di cittadini che osservo da tempo tramite i loro interventi su Facebook, twitter e blog. Interessante perché evidenzia una volta di più le competenze nascoste nella società e il desiderio delle persone di partecipare in modo fattivo perché le cose funzionino meglio.

In particolare, mi è piaciuto come il lavoro del Comitato, oltre a funzionare in estemporanea ‑ per diffondere notizie e reclami su disservizi e problemi a misura che questi si verificano ‑  miri anche a produrre dati utili e sistematici sul funzionamento del servizio, documentando la frequenza delle soppressioni, l’evasione tariffaria, le temperature.

Troppo spesso la rete serve da sfogatoio, per lamentarsi e aggredire. Qui invece c’è un lavoro serio e strutturato per fare emergere le situazioni in modo concreto e documentato e favorire il cambiamento. Non è poco.

Spero quindi che l’amministrazione regionale non perda l’opportunità di interloquire seriamente con queste persone, anche per affrontare problemi di fondo (come l’utilizzo di finanziamenti) su cui i cittadini potrebbero avere priorità diverse rispetto alle istituzioni:

pendolari

Sarà anche banale dirlo, ma le persone sono le uniche  risorse che non mancano mai, anche in tempo di crisi e carenza di fondi. Le intelligenze e l’entusiasmo individuali sono  una ricchezza che non possiamo veramente permetterci di non utilizzare. Anche qui, vedremo.

Un paese multietnico (2)


Cibo per il corpo e per lo spirito”: la festa di Sant’Elia della comunità ortodossa romena di Rignano Flaminio

Quasi all’insaputa del resto del paese, domenica 22 luglio nei pressi della chiesa trecentesca dei Santi Abbondio e Abbondanzio di Rignano Flaminio, la comunità ortodossa romena  ha celebrato con grande solennità la festa di Sant’Elia, il santo profeta patrono della parrocchia, conosciuto e venerato anche dai cattolici.

Mi ci sono recata, incoraggiata dal caloroso invito di un’amica romena, in compagnia di altri amici italiani, attratti come me da questa opportunità di contatto con una realtà che vive a fianco a noi da ormai dieci anni, ma che forse conosciamo ancora molto poco.

La chiesetta si trova in aperta campagna ed è ora raggiungibile non solo dalla via di Sant’Abbondio, ma anche attraversando i vicoli del centro storico rignanese, grazie a una strada da poco ampliata e pavimentata dal Comune.

Lo spettacolo che mi si è presentato quando sono scesa per via di Sant’Abbondio valeva da solo il viaggio: il piazzale ampio e pulito, visibilmente ricavato con assiduo impegno dalla macchia di vegetazione locale e ora pavimentato con breccia chiara, la disposizione ordinata delle tavolate imbandite, il cibo condiviso sui tavoli, gli abiti di festa e i sorrisi con cui sono stata accolta, parlano di una comunità giovane e attiva, animata da un profondo rispetto per i luoghi e per il proprio culto, interessante da incontrare e raccontare.

Mi è venuta così la curiosità  di parlare con padre Stefan, lo ieromonaco che dal 2005 guida questa comunità e ne è nata la chiacchierata che segue. Spero che altri la trovino interessante quanto è sembrata a me.

Ho iniziato con la domanda di rito, che mi sono sentita fare tante volte anch’io: Perché Rignano Flaminio?

“Sono in Italia dal 1997 — mi ha spiegato — ma la mia attività parrocchiale a Rignano Flaminio è iniziata il 12 luglio 2005, quindi ormai sette anni fa. Ci siamo radicati molto in fretta: nei primi sei mesi abbiamo celebrato ben 15 battesimi, e ora siamo a 800 battesimi e 100 matrimoni.”

“Sono venuto qui, quindi, perché qui avevano bisogno di me i miei connazionali e fedeli, ma soprattutto perché qui ho trovato accoglienza e ospitalità da parte delle autorità religiose locali. In Italia ci sono altre comunità ortodosse grandi come la nostra, ma non tutte hanno la fortuna di avere una parrocchia”.

All’origine di tutto c’è quindi una capacità di accoglienza che padre Stefan legge in modo più profondo e simbolico.

“Rignano, mi spiega, ha due santi patroni, Vincenzo ed Anastasio, uno d’Occidente e uno d’Oriente (Sant’Anastasio era un monaco persiano). La capacità di accogliere e riunire le nostre culture religiose è quindi scritta nella sua storia”.

Ma il desiderio di conciliazione e integrazione si esprimono anche in altri modi e letture della realtà.

“Abbiamo dedicato la parrocchia a Sant’Elia  perché la sua festa, il 20 luglio è vicina all’anniversario della sua fondazione, ma soprattutto perché il profeta è un santo amato dai cattolici”, come testimoniano anche molti toponimi (si pensi alla vicina Castel Sant’Elia). “Anche il fatto che la chiesa che ci ospita sia un edificio storico costruito prima dello scisma è stato per me molto importante e significativo”.

La festa di Sant’Elia, giunta alla sua seconda celebrazione, è stata un impegno importante per la comunità. Padre Stefan ci tiene a sottolineare che, oltre che con il “cibo per il corpo”, cucinato insieme da tutte le famiglie anche in loco, la parrocchia ha voluto celebrare la festività con del “cibo per lo spirito”, organizzando un’impegnativa conferenza sul Sacramento dell’Unzione degli infermi, tenuta dal prof. Vasile Stanciu, preside della facoltà di teologia ortodossa di Cluj (la seconda città romena per importanza). Un tema, mi viene spiegato, che è celebrato quest’anno da tutta la chiesa ortodossa e riguarda un sacramento che si rivolge agli ammalati di tutte le malattie (del corpo come dello spirito).

Dopo questo breve escursus teologico, torniamo però a parlare della comunità e del paese che ci accoglie entrambi.

Rignano Flaminio ospita una comunità romena abbastanza numerosa. Dal 2003 al 2010, i romeni iscritti all’anagrafe sono saliti da 254 a 1066, e oggi — come mi viene fatto notare sorridendo — più di un rignanese su dieci è romeno. Non tutti sono di religione ortodossa, ovviamente. Come fra gli italiani, molti non sono religiosi, e numerosi sono i cattolici. Ma chi sono e da dove vengono i fedeli della parrocchia?

“La nostra parrocchia è una delle oltre 160 esistenti in Italia. E’ abbastanza estesa ed ha due sedi secondarie, a Morlupo e a Civita Castellana. Qui vengono ogni domenica romeni, moldavi e ucraini di tutto il circondario, ma anche molti italiani, attratti dal nostro rito o per amicizia.”

La chiesa dei santi Abbondio e Abbondanzio allestita per il rito ortodosso

Le funzioni religiose si svolgono quindi in romeno, ma anche in ucraino e la comunità sta lavorando a una traduzione italiana dei testi liturgici per favorire la partecipazione di amici e fedeli italiani.

Sempre in tema di predisposizione al multiculturalismo, la provenienza dei romeni che abitano la nostra zona ha caratteristiche interessanti: molti — mi fa notare padre Stefan  — provengono dal distretto di  Maramures a nord della Romania o di Vrancea, e sono quindi in partenza bilingui, rispettivamente con l’ucraino e il russo. La fascia di età predominante è fra i 20 e 40 anni, e la comunità è molto attiva, ha una squadra di calcio e un gruppo folkloristico. Da ormai due anni viene organizzata una festa dell’Integrazione, e il sogno nel cassetto è di trasformarla in una festa di tutte le comunità presenti nel paese. Sogni ambiziosi, ma che confermano la mia sensazione di fattiva operosità iniziale. Tanti auguri, quindi, a Padre Stefan e alla sua comunità!

Tutti possono fare teatro… anche gli attori… si puo’ fare teatro dappertutto… anche nei teatri…


Questa frase del teorico del teatro degli oppressi, il brasiliano Boal, sta trovando in questi giorni piena espressione nel primo Festival del teatro sociale. L’inedita stagione teatrale rignanese iniziata oggi con una rappresentazione dell’associazione Risveglio non si svolge infatti in un teatro, ma su un palcoscenico allestito nella palestra della scuola media,  e non ha come protagonisti degli attori, bensì persone che, a causa di handicap, malattie, o altre forme di disagio sociale, vivono la recitazione come “una sfida a superare quella specie di campo minato che è il proprio corpo, la voce, la mente, la relazione con gli altri e le cose”.

Un’esperienza intensa e coinvolgente che anche i più normali di noi (o forse soprattutto i più normali di noi) dovrebbero fare.  Perché la sfida della vita ci riguarda tutti, e aprirsi alle difficoltà degli altri, viverle da vicino in quell’incredibile atmosfera empatica che il teatro di ogni genere riesce sempre a creare, apre la mente e il cuore e fa sentire ciascuno di noi (come scriveva Orazio Costa) nunzio a se stesso e all’universo di un se stesso migliore.

Festival del Teatro sociale

Palestra della scuola media, tutti i giorni dal 17 al 21 aprile

ingresso libero

Rappresentazioni in programma:

Martedì 17 ore 19:  “Il futuro è fra noi”, a cusa dell’Associazione Risveglio, che si occupa di prevenzione incidenti e problemi legati al trauma cranico

Mercoledì 18, ore 21: “Un giorno alla Posta” a cura del Laboratorio teatrale “Alla ricerca della memorai perduta” (Il teatro e l’Alzheimer)

Giovedì 19, ore 21: “Studio associato di Magia moderna” a cura del Laboratorio teatrale Clinica Sant’Alessandro di Roma (Il teatro e la malattia mentale)

Venerdì 20, ore 21: “Roma la Capitale” (storia della banda della Magliana), della Compagnia stabile Assai di Rebibbia (Il teatro e il carcere)

Sabato 21, ore 21: “Teresa”, a cura della Compagnia della Luna.

Il programma completo prevede anche altrettanti incontri informativi ed è disponibile sul sito del Comune.

Un paese multietnico


L’Italia è ormai un paese multietnico, e Rignano Flaminio non è da meno. Questa è la realtà inconfutabile che ci appare chiaramente sia dall’osservazione, anche affrettata, della vita che ci scorre accanto tutti i giorni ‑ ai giardini pubblici, nelle scuole o al supermercato ‑ sia dall’analisi più fredda dei dati Istat. La domanda che invece non ha ancora una risposta altrettanto “inconfutabile” è un’altra: siamo pronti a vivere questa realtà e a cogliere a pieno tutte le opportunità che ci offre? E come possiamo assicurare che le opportunità non si trasformino in problemi?

Credo che per governare con intelligenza un fenomeno, il primo passo sia sempre quello di conoscerlo, non in modo astratto o ideologico, ma sulla base di dati il più possibili oggettivi. Cominciamo allora ‑ senza nessuna pretesa scientifica ‑ ad esaminare nei fatti (e nei dati) la realtà demografica di Rignano, quale ci appare dai dati Istat.

La popolazione del nostro paese è cresciuta considerevolmente negli ultimi anni: fra l’inizio del 2005 e l’inizio del 2010 l’incremento è stato del 4% annuo. A questo aumento della popolazione generale è corrisposto un aumento della popolazione straniera, salita sia in termini assoluti (da 612 a 1437 nel periodo considerato), sia in percentuale della popolazione totale (dal 7,9% al 15%).

Premesso che questo incremento percentuale potrebbe in parte essere riconducibile ad andamenti più apparenti che reali (l’ingresso della Romania nella UE nel 2007 ha portato all’emersione statistica di realtà già presenti, ma non registrate dai dati ufficiali), dobbiamo in primo luogo sottolineare che i dati che riguardano Rignano Flaminio non sono diversi da quelli di altri comuni vicini. La percentuale degli stranieri sul totale è sì superiore alla media della provincia di Roma, ma anche sostanzialmente in linea con quella di paesi quali Morlupo (13,9%), Faleria (13%) e Riano (14,9%), e non così lontana da quella di Sant’Oreste (11%), ­ un paese che, forse per motivi di collocazione geografica, appare tradizionalmente più omogeneo anche nella composizione di partenza. Facciamo parte quindi di un fenomeno più ampio che possiamo e dobbiamo governare assieme ad altri.

Una seconda osservazione è che, pur nella sua straordinaria varietà (a Rignano sono presenti cittadini provenienti da ben 70 paesi, dalla Moldavia all’Iran, dal Senegal al Perù, passando per la Cina e la Danimarca), la popolazione straniera residente nel nostro paese è composta all’87% da cittadini della Ue + Svizzera, in buona parte romeni (936 su 1045), ma anche provenienti da Paesi (i “grandi” dell’Europa occidentale) con cui l’Italia ha condiviso tutta la storia recente.

Inoltre, un numero considerevole degli stranieri registrati dalle statistiche sono minorenni, di cui ben 159 (sempre all’1/01/2010) nati in Italia — ovvero persone che in Paesi con una legislazione sulla nazionalità più avanzata della nostra sarebbero considerati cittadini italiani e che offrono opportunità di assimilazione e arricchimento della comunità di accoglienza che non dovrebbero andare sprecate.

Salta inoltre agli occhi come la composizione per genere della popolazione straniera sia, come quella italiana, molto equilibrata (le donne sono il 50%), un altro fattore di stabilità che incide positivamente sulle possibilità di inclusione.

Ma questa superficiale carrellata di dati ci lascia anche con un’altra impressione, a mio avviso tutt’altro che negativa: in fin dei conti Rignano non è il paese periferico e distaccato dalla realtà globale che tanti (soprattutto i giovani) ancora percepiscono. Siamo già un paese ricco di potenzialità ed esperienze, culturali oltre che professionali, utili per vivere in questo presente globalizzato. Il mondo globale è già con noi, basta prenderne atto senza paure e saperlo andare a cercare.